Il sorriso di chi non ha nulla
Ore 20.14 del 06.08.2014
I due momenti della giornata che mi rimarranno più impressi sono la visita ad una famiglia che aveva perso la nonna e i giochi con i bambini del villaggio.
La prima è avvenuta in mattinata: ci siamo recati a piedi, seguendo un percorso di sabbia, fino alla matanga (il luogo in cui si consuma il lutto) per fare le nostre condoglianze alla famiglia.
Siamo entrati per poco tempo nella casa, ma è bastato per farci rabbrividire: era costruita con pezzi rettangolari di lamiera; le finestre erano buchi senza zanzariere; lo spazio all’interno era piccolo e angusto.
Molte persone sedevano per terra e la polvere, insieme ad un odore indefinito di sporco, regnava come sovrana indisturbata.
Le donne avevano gli occhi gonfi ed erano senza voce per le notti trascorse a piangere ma, nonostante questo, ci hanno accolti con un sorriso e hanno cantato insieme a noi per accompagnare la defunta nell’aldilà.
Il viaggio di ritorno, a piedi, lo custodirò per sempre nel mio cuore: abbiamo iniziato a cantare in lingala, attirando un’orda enorme di bambini che si sono uniti a noi, seguendoci e uscendo dalle case, sulla via di sabbia.
Cantavamo, ridevamo, saltavamo e ci tenevamo tutti per mano, attirando gli sguardi degli adulti che, usciti dalle case, alla vista di una felicità così spontanea e semplice nella sua diversità, ci salutavano e ci sorridevano compiaciuti.
Qualcuno urlava da lontano: “mundele, mundele!” (bianchi, bianchi!), come se avesse visto dei fantasmi e Mariano ci ha spiegato che alcuni di loro non avevano mai visto persone dalla carnagione bianca quindi pensavano fossimo davvero degli dei scesi in terra. Questa poi…
Molti bambini erano incuriositi dalle nostre macchine fotografiche e facevano a gara per fare foto con noi; i più piccoli ci saltavano in braccio e si riguardavano con stupore nel piccolo schermo.
Abbiamo incontrato un gruppo di ragazzi che hanno insistito per fare una foto con noi ragazze: una scusa palese per abbracciarci perché la donna bianca è una rarità in Congo e se ne sarebbero potuti vantare con gli amici.
Nel pomeriggio abbiamo giocato con i bambini del nostro villaggio ed è stato un momento incredibile di scambio reciproco: ci siamo insegnati nuovi giochi a vicenda, ma la parte più divertente è stata sicuramente quella dei balli!
La nostra macarena ha spopolato mentre noi siamo rimasti sorpresi dal loro senso del ritmo: in particolare mi sono innamorata di una bambina, Deborah, che ballava in modo incredibile per la sua età e aveva un sorriso che illuminava tutto ciò su cui si posava.
La mia simpatia è stata corrisposta da lei fin da subito, che mi cercava continuamente, litigando con tutte le altre bambine che provavano a darmi la mano.
Ma c’è così tanto bisogno di amore qui che non puoi permetterti di concentrarlo solo su una bambina, così ho cercato di mettere da parte la mia preferenza e di distribuire le attenzioni un po’ a tutti, soprattutto ai più piccoli, che se ne rimanevano a guardarci in disparte, intimiditi.
Ho anche promesso ad una ragazza, che avrà avuto 18 anni, di regalarle la mia molletta colorata, prima di tornare a casa; continuava a toccarmi i capelli e a ripetere che era bellissima. Se avessi immaginato che anche solo una molletta potesse essere definita “bellissima” e portare tanta gioia, sicuramente ne avrei portate una valigia intera.
Sono rimasta incantata dal sorriso di questi bambini e di questi ragazzi per cose a cui noi, nella nostra vita, diamo così poco valore e ci sembrano così scontate: un pallone, un braccialetto, un nuovo gioco o un nuovo ballo.
La loro risata, così vera e naturale, mi ha aperto il cuore tanto quanto la loro richiesta costante di acqua mi ha completamente gelato il sangue.
Il desiderio di mettermi alla prova
Ore 16.07 del 08.08.2014
Ieri non ho scritto nulla perché sono arrivata al dormitorio distrutta. Non è stata una giornata particolarmente movimentata: il momento più entusiasmante è stato sicuramente il pranzo perché le “mamas” ci hanno finalmente cucinato il tanto atteso serpente!
Tutte le volte che glielo chiedevamo scoppiavano a ridere perché di solito gli stranieri lo rifiutavano o comunque sicuramente non lo chiedevano di loro spontanea volontà, ma noi siamo partiti con il desiderio di metterci alla prova il più possibile e con la curiosità per ogni aspetto di questa nuova cultura.
Però devo proprio dirlo… il serpente è un animale troppo viscido da mangiare! Non è stata un’esperienza che ripeteremo…
Per ora mi sono stupita di me stessa: sto affrontando tutto con molta serenità, senza scoraggiarmi ma, al contrario, cercando di superare i miei limiti che, ne sono consapevole, non sono certo pochi.
Ad oggi ho avuto solo due momenti di cedimento, entrambi ieri sera.
Dalle 16 alle 20 siamo stati suddivisi nelle CEVB, piccoli villaggi in cui si riuniscono più quartieri per cercare di accordarsi su problematiche comuni.
Tutta la riunione si è tenuta in lingala e al buio: noi non ci abbiamo capito nulla, naturalmente, e nel frattempo cercavamo di intrattenere bambine malate, che tossivano convulsamente, e ragazze con cui era difficile comunicare.
La lingua continua ad essere un ostacolo non da poco, purtroppo. Vorrei tanto poter parlare liberamente con queste persone per esprimermi e comprenderle al meglio.
Siamo tornate al nostro stabilimento accompagnate da Marguerite e Marie Terese, a piedi, con la sola luce della luna che illuminava la strada di sabbia e i nostri pensieri.
Un ululato nella notte
Il secondo momento di cedimento è avvenuto nella notte, quando siamo state svegliate dall’ululato e dal ringhio di un cane, fuori dalla nostra porta, seguito da rumori di cancelli che sbattevano e passi frettolosi.
Ci siamo davvero spaventate perché credevamo ci fosse un animale o, peggio, qualcuno che volesse entrare per rubare dei soldi.
Purtroppo la povertà qui è talmente dilagante che il passo tra disperazione e illegalità non è poi così inconcepibile.
E per la prima volta, nel buio congolese delle 2.30 di notte, ho desiderato essere al sicuro, nel letto di casa mia.
Stamattina Mariano ci ha tranquillizzate, spiegandoci che il cane era entrato per sbaglio dal cancello e che i passi che avevamo sentito erano stati del guardiano notturno.
La paura di quella notte però è stata reale e, dopo il risveglio, mi sono accorta anche del mio primo pizzicotto, sulla mano. Maledetta zanzara notturna!
Wungo: un villaggio fantasma
Ore 21.00 del 08.08.2014
Oggi siamo stati a Wungo, un villaggio sperduto nel nulla, e il viaggio per arrivarci è stato una specie di safari, decisamente avventuroso.
Abbiamo attraversato, sulla nostra jeep, buche enormi, salite e discese scoscese e addirittura grandi pozze d’acqua!
Attorno a noi si stagliava un paesaggio brullo e selvaggio, ma inaspettatamente abitato da diverse persone che trasportavano pesanti oggetti sulla testa o si facevano il bagno lungo la strada.
Il villaggio che abbiamo visitato era molto isolato e le condizioni in cui vivevano le persone sono le più precarie che abbia mai visto: scuole senza muri con banchi di assi in legno appoggiate l’una all’altra; pochissima acqua e servizio ospedaliero praticamente assente.
Sedendomi in quei banchi di scuola mi è venuta in mente la mia infanzia e mi sono sentita fortunata, molto fortunata.
La messa, durata due ore, mi ha particolarmente colpita per i suoi magnifici canti, accompagnati da bonghi e balli. Ho partecipato attivamente tenendo in braccio una bellissima bambina con due occhi immensi che mi fissavano incuriositi e divertiti.
Ho provato molta tenerezza per tutti i bambini di quel villaggio, che erano molto più timidi di quelli con cui giochiamo a Bibwa: probabilmente questo è dovuto al loro isolamento. Quando però finalmente prendono il coraggio di stringerti la mano, puoi stare certa che ti stringono anche il cuore.
Prima di tornare indietro ci siamo lanciate in qualche ballo scatenato con alcune donne del villaggio, accompagnate da un ragazzo che suonava il bongo. Il vino di palma che ci hanno offerto ha fatto la sua parte e anche Mariano si è unito a noi!
In lui sto scoprendo davvero una bella persona, oltre che un raro uomo di Chiesa, con saldi valori umani e tanta umiltà.
…Chissà Daniele quanto si sarebbe divertito a vedermi ballare afro con tutta quella gente che ci applaudiva e ci teneva il ritmo! Mi manca già molto, così come la mia famiglia e i miei amici: trascorrere intere giornate senza sentirli è più difficile di quanto credessi.
La nostalgia inizia a farsi sentire, ma spero non condizionerà troppo questa esperienza che, per quanto unica e incredibile, per certi aspetti si sta rivelando anche molto dura.
Continua a leggere il diario di viaggio
Ciao Martina, che bel post! 🙂 Purtroppo non son ancora riuscita a visitare l’Africa, il piano era andare in Tanzania ad agosto ma viste le circostanze dovrò rimandare. Leggendo ciò che hai scritto mi sono ricordata dei miei bimbi della favela di Santa Marta di Rio de Janeiro. Anche loro, attraverso i loro sorrisi, mi hanno ricordato quanto in realtà io sia fortunata per essere nata nella parte “fortunata” del mondo.
PS: però una cosa che non farei mai è mangiare un serpente! AHAHAH!
Tutti quelli che tornano da paesi Africani in cui regna povertà, fame e sanità molto precaria, raccontano di quanto siano cresciuti grazie ai sorrisi, alla genuinità delle persone che hanno incontrato.
Noi, in questo momento così difficile a causa della pandemia, ci stiamo lamentando di avere poca libertà. In certi paesi del mondo la libertà è un’utopia e chi ce l’ha non ha i mezzi e le virtù a nostra disposizione.
Articolo molto interessante.
ciao
Che belli questi diari. Un’immersione in una realtà davvero differente.
Grazie per questo post e per il resoconto di una realta’ tanto diversa dalla nostra, I nostri figli sono – come dici tu – fortunati e noi piu’ di loro. Grazie.
Quanta bellezza vedo negli occhi di questi bambini ma anche quanta povertà e quante difficoltà devono affrontare ogni giorno con le proprie famiglie e membri del proprio villaggio. Personalmente credo che il tuo diario vada condiviso e letto da quante più persone possibili. Solo in questo modo ci si può rendere conto di ciò che conta davvero e che la realtà vera e autentica è un’altra.
Maria Domenica
Leggo con passione, e continuo a credere che sia stata un’esperienza bellissima e formativa!
credo che tu abbia desiderato di vivere un’esperienza così profonda anche per conoscere un nuovo modo di porsi bei confronti della vita